giovedì 2 dicembre 2010

IL KARATE IN ITALIA - IL M°MALTONI UNO DEI PIONIERI

http://www.federkarate.it/pdf/il_karate_in_italia.pdf
(a cura del M° Roberto De Luca)

Il karate entrò nel nostro paese nei primi anni sessanta e diffuso nelle principali città italiane dai primi cultori, veri e propri pionieri che lo avevano appreso nel corso dei loro viaggi, alcuni in oriente direttamente, altri a Parigi, che è considerata ancora oggi la culla del karate in Europa.
Nel 1965 la JKA ( Japan Karate Association) mandò in Europa quattro grandi Maestri: Taiji
Kase, Keinosuke Enoeda, Hirokazu Kanazawa ed Hiroshi Shirai. Kase si stabili in Francia,
Enoeda in Inghilterra e Shirai in Italia.
A Parigi esisteva un'organizzazione di karate e la scuola di Henry Plee. Il Maestro Plee invitò molti maestri giapponesi ad insegnare in Francia come Oshima, Nambu e Tetsuji Murakami.
Tetsuji Murakami, a differenza degli altri, dal 1962 veniva in Italia regolarmente due volte
l’anno e diffondeva lo Shotokai, i suoi metodi erano molto duri e tradizionali, ricchi di
spiritualità, e tanto per dare l’idea si doveva tenere una posizione all’infinito senza muovere un solo muscolo altrimenti, botte da orbi… Nel 1963 fondò la Murakami Kai (Associazione Internazionale), tra i fondatori in Italia della Murakami Kai troviamo, Francesco Romani di Viareggio, Alfredo Gufoni di Livorno, Vero Freschi, Giulio Cappai, e Antonio Maltoni di Forlì, Antonio Frignani di Verona e Luciano Padoan di Venezia..........
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M°Maltoni Antonio 7°Dan
Consigliere FIKTA

scritto del M°Maltoni Antonio

" Nel 1960 circa arriva, in Romagna, il Karate.
La città più evoluta del centro Italia ne è la progenitrice; a Firenze,
infatti, si insedia un primo gruppo con nomi ormai storici: Malatesti -
Porzio - Pratesi - Piccini- Campolmi - Romani - Freschi - Maltoni - ecc..
ecc....


I più anziani contattano uno dei primi Maestri giunti in Europa e, da
Parigi, arriva il M° Testuji Murakami.

Il primo incontro è devastante, tutto ciò che abbiamo appreso, fino a quel
momento, non ci aiuta, anzi non ci serve proprio.

Per questo nuovo Maestro le nostre tecniche mancano di ciò che abbonda in
lui: la determinazione.

Non parla italiano e nemmeno inglese, non parla proprio, lui fa vedere le
tecniche poi si pone di fronte a noi e le applica. E sono dolori. L'errore
non è commentato, è errore e va punito.

Basta, dopo una settimana di stage abbiamo i muscoli distrutti e tutti
portiamo segni evidenti dei nostri errori. E' un altro mondo, capisci che
non esistono le mezze misure, i sotterfugi, le piccole ipocrisie...
C'è solo sincerità. Sincerità che tornerà sempre negli allenamenti del
Maestro...
Gli attacchi devono essere sinceri, quindi veri, quindi ... diventano fatti
tuoi!

Questo era il M° Murakami, uomo senza compromessi e che nulla faceva per
piacere, per conquistare, ma forse è proprio per questo che quel primo
incontro segnò, per molti di noi, una svolta che ancora oggi ci lega a quel
passato.

Aderimmo al Murakami Kai che piano piano conquistava l'Europa. Dalla Francia
a Spagna, Belgio, Portogallo, Inghilterra, Italia, Olanda, Svizzera,
Jugoslavia, ecc... e che continuò fino alla morte del Maestro (1987).

Il Murakami Kai implose perché tutti i vecchi Maestri si sentirono eredi
diretti ed unici del Maestro e nessuno riuscì a legare con nessuno. Toscana
e Romagna ci provarono, ma c'erano troppe persone speciali.

Nacque, da queste ceneri, la SCUOLA SHOTOKAI ITALIA, in una storica giornata
a Sportilia; bellissima giornata di sole che aveva in serbo, per noi,
diverse nuvole.
Poco dopo, con l'ennesimo intervento chirurgico anche Toscana ed Emilia si
separarono.

La S.S.I. nacque quindi con i 3 più anziani allievi diretti del M° Murakami:
Campolmi, Freschi e Maltoni.
Nel tempo (breve) Campolmi si è ritirato, Freschi non ne vuole più sapere e
Maltoni è ancora qui; non so se per fortuna o purtroppo, ma per ora
c'è...... e come ha sempre fatto, qualche volta, si fa sentire.

Scuola Shotokai Italia: nella voluta velocissima retrospettiva ho omesso il
percorso che il Maestro intraprese e che ci coinvolse.

In un suo viaggio in Giappone incontrò il M° Egami ... che colmò i vuoti che
il Maestro sentiva essere presenti nel suo karate. Nacque così lo Shotokai
del Maestro Murakami.

Lo Shotokai della Scuola Shotokai Italia è figlio postumo del M° Muarakami e
seguirà, nel tempo, le linee guida dallo stesso tracciate.

Esistono altri Maestri Shotokai nel mondo, in Europa ed in Italia, ognuno ha
le proprie origini ed i propri percorsi; non li conosciamo, non li
commentiamo e non li avviciniamo. Non per bearci nella nostra ignoranza, ma
perché, dopo 46 anni di pratica, ancora oggi scopriamo intuizioni e
conoscenze che il Maestro ci ha lasciato.
Personalmente penso che non riuscirò mai a capire tutto ciò che il Maestro
mi ha dato ma sono certo che non smetterò mai di cercare ciò che ancora mi
sfugge.
Questo non vuole assolutamente significare che la S.S.I. doveva e dovrà
rimare immobile nel ricordo, ma doveva e dovrà continuamente rinnovarsi
attraverso l'impegno e la serietà dei nuovi Maestri che dovranno arricchirla
con il loro vigore e le loro conoscenze.

Nel 1976, a Coverciano, ci allenammo con il M° Egami portato fino a noi dal
M° Murakami.

Nel 2000 (morti i Maestri Egami e Murakami), nel tentativo di ripercorrere
la Via del M° Murakami, grazie anche alla professionalità ed esperienza del
Maestro Claudio Vacchi, prendemmo contatti con un gruppo di allievi diretti
del M° Egami e, su loro invito ci recammo in Giappone.

Incontrammo così lo Yutenkai (Yuten era lo pseudonimo col quale il M°.Egami
firmava le sue opere calligrafiche) nelle persone dei Maestri: Koibuchi,
Kinoshita, Fukawa, Ariga, Nakano e, fra tanti altri, incontrammo anche due
dei tre figli del Maestro Egami: Takashi e Masatake, che con la loro
presenza davano il senso della più stretta aderenza del gruppo all'eredità
lasciata dal Maestro stesso.

Questa vuol essere una velocissima storia delle nostre origini e,
soprattutto, vuole ricordare che il cammino di tutti noi parte da un
tracciato che, due grandissime persone hanno aperto; un tracciato che,
volenti o nolenti, ci accompagna in ogni nostra esecuzione.
Non possiamo rinunciarvi perché fa parte della nostra formazione e quindi
della nostra soggettività.
Un tracciato che, nel tempo si vestirà della personalità di ogni praticante,
ma che non potrà essere dimenticato
.  "